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Silvano Petreti, custode del bosco per le Marche, condivide i suoi preziosi consigli per creare una tartufaia di successo con Giuseppe Cristini. Dal terreno alle cure necessarie, fino al rapporto con il cane da tartufo

Giuseppe Cristini si trova a Montefelcino, immerso in un ambiente straordinario, insieme a Silvano Petreti, il Maestro Cavatore e custode del bosco per le Marche. Tra le mani di Petreti, si trovano delle magnifiche pepite di Tuber borchii, conosciuto anche come marzuolo o bianchetto, il prelibato tartufo primaverile.

Quali sono Silvano gli elementi fondamentali necessari per avviare con successo una tartufaia?

«Prima di tutto, è fondamentale disporre di un terreno idoneo, pertanto è necessario condurre analisi dettagliate e preventive. In questo modo, quando si piantano gli alberi, si evita di commettere errori e si assicura che crescano in un ambiente favorevole al loro sviluppo. In secondo luogo, la selezione delle piante riveste un’importanza cruciale e non deve essere sottovalutata. È inutile piantare specie adatte a quote elevate in un terreno pianeggiante, poiché non prospererebbero e soffrirebbero. Pertanto, è essenziale scegliere le piante con estrema accuratezza, affidandosi a tecnici competenti. Oggi, numerose aziende offrono piante e sembrano essere esperti in materia, ma trattandosi di un argomento delicato, è consigliabile affidarsi a un esperto specializzato che si preoccupi non solo della qualità delle piante, ma anche della loro compatibilità con il terreno.

Un’altra aspetto di vitale importanza è la cura continua delle piante. Le tartufaie sono definite “coltivate” proprio perché richiedono attenzione e cure costanti. È un grave errore pensare di piantare gli alberi e poi trascurarli, aspettandosi solo di raccogliere i tartufi. È necessario praticare una regolare potatura, effettuare lavori di sarchiatura del terreno e tutte le altre operazioni culturali necessarie. Solo dopo 6, 7 o anche 8 anni di cure attente, si otterrà un ottimo risultato e si potrà finalmente gustare il frutto del proprio lavoro: il tartufo».

Ovviamente conta tantissimo la tua esperienza, il tuo racconto, dopo aver vagato così tanto nei boschi tra roverelle, carpini, cerri, tigli, farnie e lecci. Non possiamo però dimenticare l’importanza del fiuto, di quel grande rapporto tra il cagnolino e il cavatore.

«Il rapporto tra il cagnolino e il cavatore è una cosa fondamentale, il cane è il numero 1, noi parliamo spesso di tartufi, di tartufi in cucina, ma ci dimentichiamo spesso dell’attore principale. Perché l’attore principale non è il tartufaio, ma il tartufaio se non ha il cane non è nessuno, quindi l’attore principale è il cane e va valorizzato, curato e tenuto in ottime condizioni».

Credo che sia importante, tra tutti i tartufi italiani, valorizzare il Tartufo bianchetto. Qui a Fossombrone, a pochi passi da Montefelcino, si celebra quest’anno la sua quarantesima edizione.

«Sì, il fatto che si stia celebrando la quarantesima edizione di questo evento dice molto sulla nostra dedizione e impegno nei confronti di questo Tartufo. È vero, non è un Tartufo bianco pregiato, ma posso confermare che ha ottenuto risultati eccellenti ed è spesso impiegato nelle nostre cucine. Alcuni potrebbero denigrarlo un po’, ma io credo semplicemente che forse non hanno ancora scoperto il modo migliore per valorizzarlo. Se avessero l’opportunità di provare con chef molto abili della nostra zona, potrebbero ricredersi e capire che questo Tartufo, pur non essendo il Tartufo bianco pregiato, ha il suo valore. Essendo una persona di campagna, abituata alle stagionalità, preferisco sempre i prodotti della stagione e adesso è il momento del Tartufo bianchetto. Quindi, penso che sia giusto gustare e apprezzare ciò che la stagione ci offre».

In questo periodo, la generosità della natura si manifesta attraverso la preziosa pepita che ci offre, e spetta ai cuochi creare il piatto più sublime per esaltarla al meglio. Durante il tempo trascorso insieme a te e alla tua famiglia, abbiamo concepito un’idea per un piatto che potrebbe includere un brodo speciale, arricchito magari da un tocco di passatello… Saresti così gentile da condividere con noi una tua ricetta preferita, in cui il tartufo bianchetto possa brillare?

«Indubbiamente, il passatello in un delizioso brodo di Cappone o, per chi non dispone di Cappone, anche un brodo di carne ben concentrato, è un piacere per il palato. Dopo aver cotto il passatello, si aggiunge il pregiato Tartufo bianchetto e si lascia riposare per pochi istanti prima di portarlo in tavola. Questa preparazione offre molteplici possibilità culinarie; si può gustare con cappelletti o tagliatelle, quest’ultima rappresentando una scelta più tradizionale. Tuttavia, se si desidera sperimentare qualcosa di nuovo, consiglio di provare il passatello in brodo o persino con una pasta reale, conosciuta anche come pasta al sacco. È un’opportunità unica per scoprire sapori innovativi e deliziosi».

Per coloro interessati a degustare il Tartufo bianchetto, la 40ª edizione del Festival del Tartufo Bianchetto a Fossombrone si terrà dal 16 al 24 marzo.

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