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Intervistato da Giuseppe Cristini, direttore dell’Accademia del Tartufo nel Mondo, Pino Crestini svela alcuni segreti della nascita, crescita e ritrovamento del tartufo.

Raggiunto da Giuseppe Cristini, Pino Crestini risponde alle domande del direttore dell’Accademia del Tartufo nel Mondo

Nella bella terra di Sestino, nella provincia di Arezzo, mi trovo con un grande maestro del tartufo e fine e sottile comunicatore di questa pepita e custode del bosco: Pino Crestini, a lui chiediamo: come nasce il tartufo e poi che cos’è per te il tartufo?

Il tartufo nasce nel corso dei millenni a ritroso, s’aggrappa a una pianta simbionte superiore per aiutare la pianta, poi viceversa lui ne trae dei vantaggi, quindi è una comunione tra due piante, una superiore e una inferiore e viene poi fuori questo frutto meraviglioso che si chiama tartufo. Per me il tartufo … diciamo io sono cresciuto e nato con questa malattia, ho cominciato da bambino per gioco, poi da gioco è diventato passione e da passione lavoro, ora è proprio una febbre che porto nella tomba però sono molto contento di aver fatto quello che ho fatto anzi, sono stato fortunato anche se mi è costato molto in termini di sacrificio e di fatica ma quando uno le cose le fa con passione la fatica viene meno.

Ma che cosa si instaura tra la pianta simbionte, la terra e il fungo? Che magia nasce?

La magia è che tutto avviene nei primi anni di vita della pianta simbionte, qualsiasi pianta sia: salice, querce, tigli, noccioli, carpini, e quindi tutto avviene lì e poi tutto resta latente per molti anni, poi passati almeno 5  anni, dipende dai terreni, dall’altitudine, da una serie di fattori e nell’annata favorevole, viene fuori questa si forma questo frutto che è sottoterra e in realtà ha covato per 10/15/20 anni sottoterra quindi è una cosa che ha tempi molto lunghi.

Ma, è un frutto misterioso il tartufo, si parla di un fulmine scagliato da Giove sulla terra, che mistero c’è?

Questo lo diceva anche Plinio il Vecchio, è stato uno dei primi a scrivere di questa cosa… la realtà ha una somiglianza sua perché i fulmini venivano d’estate e in realtà i tartufi fruttificano d’estate, il micelio ramifica d’estate, primavera/estate, poi deve passare un’estate e in autunno fruttifica, quindi c’è una somiglianza tra questo discorso, ma non sono solo i fulmini, è l’acqua che piove quando ci sono i fulmini.

Ma Pino, che emozione in tanti anni ti ha regalato il tartufo e che cosa ancora oggi ti ispira?

Ma il gesto di per sé, l’albero, il terreno, l’habitat, il rapporto col cane quando scava, l’emozione è sempre la stessa, non è mai sopita, è questo il bello della cosa. Il bello è cercare, averli aiutati a far venire i tartufi, trovarli, dopo vendere, sì, è indispensabile per poter sopravvivere però non è la parte più bella, la parte più bella è prima.

Che cosa ancora oggi, dopo tanti anni, vuoi raccontare ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo del tartufo?

Ma chi si vuole avvicinare oggi e lo vuole fare con un minimo di criterio … le tartufaie naturali l’habitat è stato talmente sconvolto in 30/40 anni con l’agricoltura moderna e non solo, oggi ormai milioni di strade e di chilometri di strade dappertutto, i boschi tagliati, i criteri non sono più quelli, i mezzi meccanici sono enormi non hanno niente a che vedere con il passato. Quindi le tartufaie sono diminuite diciamo del 300%, quindi quel poco che c’è rimasto chi si avvicina oggi ha solo una chance in linea di massimo, salvo qualche caso; o salvaguardare quel pochino che c’è rimasto nel loro ambiente, nelle loro località, oppure incentivare le piante.

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